REI (Il Saluto)

RITSU-REI: saluto dalla posizione in piedi;

ZA-REI : saluto dalla posizione in ginocchio

SENPAI è l'allievo più esperto o pari esperienza più anziano presente all'allenamento che sta a capofila e, all'inizio e alla fine delle lezioni, chiama i seguenti comandi con tono di voce deciso (ma non urlato) in modo da essere udito anche dall'ultimo degli allievi:

SEI ZA: in ginocchio! (è una forma imperativa, ossia un comando da eseguire)

SHOU-MEN NI REI: Primo saluto verso Kamiza alle foto dei maestri

SENSEI NI REI: Secondo saluto verso l'insegnante presente

OTAGAI NI REI (REI): Terzo saluto tra tutti i presenti

KIRITSU (RITSU): alzatevi! (è una forma imperativa, ossia comando da eseguire)

 

Rei

(saluto)
Il primo gesto che viene insegnato ad un principiante in un Dojo è il saluto. Questa particolare forma cerimoniale, che a noi occidentali può risultare poco familiare, ed alle volte anche ridicola, ha invece nei paesi dell’estremo oriente, un ruolo basilare nelle relazioni sociali, ed una tradizione millenaria. Il Giappone, patria del Judo, non si sottrae a questo civilissimo costume, e di conseguenza neanche il Judo. Per questo motivo, le forme cerimoniali di saluto, rivestono una particolare importanza nel Judo. Il saluto non è un gesto formale, ma un atto di rispetto nei confronti del nostro compagno d’allenamento, dell’avversario in combattimento, del Dojo, del Maestro e di noi stessi. Il rispetto si manifesta attraverso una pratica attenta e corretta, ottenuta mediante il raggiungimento di un giusto stato mentale e spirituale.
Il saluto scandisce l’inizio e la fine di ogni attività nel Dojo, e deve essere eseguito correttamente. La fretta dei movimenti, il rilassamento nella posizione sono segni di un Judo superficiale privo di significato.
Il saluto si esegue in due maniere:
ritsurei(saluto in piedi);
zarei(saluto in ginocchio).

Ritsurei 

È il saluto più semplice. Si esegue in posizione eretta, braccia lungo il corpo, gambe distese, talloni uniti e punte dei piedi divaricate. Con calma piegate il busto in avanti, la testa segue il movimento con lo sguardo dritto davanti a voi, le braccia vanno fatte scivolare lungo il corpo e le mani vanno appoggiate appena al di sopra delle ginocchia e tornate nella posizione di partenza.
Questo saluto è generalmente impiegato quando si entra in un Dojo e quando vi si esce, nel caso specifico del Judo quando si sale o scende dal tatami; in questo modo salutate, il maestro e tutti quanti che sono a studiare.
Esso si esegue egualmente quando invitate qualcuno ad esercitarsi con voi e quando avete terminato l’allenamento.
E’ eseguito in tutte le competizioni. Si saluta sempre all’inizio e alla fine di un combattimento.

Zarei

Questo saluto è più formale e si esegue in posizione inginocchiata. Partite dalla posizione eretta (fig.1), indietreggiate il piede sinistro (fig.2) e posate il ginocchio sinistro a terra all’altezza del tallone destro (fig.3), quindi scendete con il ginocchio destro per ritrovarvi nella posizione in ginocchio ma sollevati dai talloni (fig.4). Girate la dita dei piedi, accavallando l’alluce destro sul sinistro e sedetevi sui talloni divaricati mantenendo la schiena ben dritta(fig.6). Le ginocchia sono ad una distanza di 2 pugni e le mani appoggiate di piatto sulla parte alta delle cosce con le dita rivolte all’interno (fig.6).
Segnate così un tempo d’arresto. Posate poi le mani di piatto a terra, le dita rivolte verso l’interno, ad una distanza di circa 10 cm. dalle ginocchia, e contemporaneamente inclinate il tronco in avanti verso il suolo flettendo le braccia, senza poggiare la fronte a terra o sollevare le anche (figg.7). Quindi raddrizzatevi e alzatevi in posizione eretta, eseguendo i movimenti inversi dai precedenti.

Tutto lo svolgimento avviene con calma e serietà, senza alcuna fretta.
Questo saluto è soprattutto impiegato all’inizio e alla fine di una lezione collettiva. Maestri ed allievi si testimoniano così il loro mutuo rispetto.
Sarà obbligatorio nell’esecuzione dei kata e in tutti i casi eccezionali.
Quando si effettua un saluto di gruppo, come all' inizio ed alla fine di ogni lezione, o in qualsiasi altra circostanza eccezionale, sia che si esegua il ritsurei, sia lo zarei, la disposizione sul tatami di maestri, cinture nere, allievi ed eventuali ospiti o personalità, è codificata. Il maestro e le cinture nere si disporranno in fila, l'uno di fianco all'altro, sul lato del Dojo denominato Joseki, di fronte al lato Shimoseki, con la cintura nera più alta in grado (generalmente il maestro) posto come capofila dalla parte della Kamiza e via via a scalare le altre cinture nere in ordine di grado ed anzianità. Gli allievi (kyu) si disporranno sul lato Shimoseki di fronte alle cinture nere ad una distanza di circa tre metri, con il più alto in grado posto come capofila dalla parte della Kamiza e via via a scalare gli altri.
Agli ospiti di riguardo viene generalmente offerto, in segno di rispetto, di occupare il lato Kamiza, ma generalmente questa distinzione viene ricusata, schierandosi con le cinture nere.
Si presterà attenzione, prima di cominciare lo zarei o il ritsurei a che l’abbigliamento sia apposto: i pantaloni ben sostenuti, la giacca ben chiusa, la cintura annodata al centro dell’addome con le estremità di eguale lunghezza.
Il saluto è quindi il rito che celebra, con un atto esteriore, un avvenimento interiore: il cambiamento di atteggiamento mentale. Il Judo può essere visto come la conquista di progressivi stati dell’essere: entrando in palestra e preparandosi alla pratica il judoista è nelle condizioni mentali del mondo esterno, ma entrando nel Dojo si fissa nello stato di attenzione, in cui esegue il riscaldamento, i primi esercizi, assiste alle spiegazioni e partecipa alla lezione nel suo complesso. Al momento del randori (esercizio libero) muta la condizione mentale in ragione del maggior impegno di quest’esercizio: si concentra sull’unica idea di applicare la tecnica; una serena concentrazione non dura a lungo e il saluto di fine randori segnerà il ritorno alla semplice attenzione. Lo stato mentale più avanzato (meditazione, o mushin. cioè mente vuota, eseguita in mushotoku cioè senza scopo dell’ego) è messo a punto nell’esercizio dello shiai (combattimento) e riportato nella pratica (non nello studio) dei Kata.